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Il vino e le nuove forme del consumo

L’anno appena passato segnato dal Covid-19 ha visto, su tutte, l’imporsi di una conseguenza significativa dal punto di visto commerciale: sdoganare, definitivamente, l’acquisto dei prodotti online, compreso il vino. Il settore dell’Ho.Re.Ca. ha vissuto - e continua a vivere - mesi di restrizioni ma anche di opportunità, possibilità da analizzare per non rischiare di rimanere, tra qualche anno, tagliati fuori dal mercato.

Ma come sta cambiando il mercato?

Quello del vino è composto da gironi, infernali e paradisiaci, ci sono moltissimi fattori e variabili che influenzano l’offerta, molto spesso costruita sulle esigenze della domanda, nella quale si inserisce anche quella dei vini di nicchia, da Club Esclusivo, su prenotazione. Per pochi eletti, insomma. Siano questi eletti ristoratori, enotecari o appassionati. La frenata della mobilità, e della frenesia dell’incontro con in fornitori,  da un lato non ha fermato, e non fermerà, il trend di vendita dei brand ricercati e  noti, e dall’altra ha portato a sviluppare nuove modalità di promozione di vendita sulle piattaforme digitali ossia social e siti di e-commerce. Il consumatore finale si è adeguato benissimo, ogni attore si è specializzato nei propri ambiti, rimodulandoli o inventandoli da zero. Ma i ristoranti sono quelli che hanno pagato il prezzo più caro: molto spesso la vendita dei piatti in modalità delivery ha visto il ridursi - in assenza di quel contatto umano in sala - degli incassi derivanti dalle bottiglie di vino. Mentre le enoteche hanno aperto canali e-commerce allineandosi così ai grandi leader del settore come Tannico e Amazon. Così facendo, non solo si sono confermate le vendite, ma si è consolidata la propria posizione nel mercato. Già, perché con un sito e-commerce si può raggiungere chiunque nel mondo ma nel vino l’importanza della selezione delle etichette e della loro conservazione, e del giusto posizionamento di prezzo, sono elementi che richiedono tempo e fiducia. Elementi che i consumatori premiano. E l’approvvigionamento e la consegna, anche degli intermediari, dovranno essere sempre più puntuali ed accompagnati da quella “competenza culturale” che rende lo stappo della bottiglia unica, soprattutto in abbinamento ai piatti.

La minaccia, quando sarà passata la pandemia, arriva dai colossi del delivery: se questi dovessero riuscire a prendere ancora più spazio nono solo nel mondo online ma anche quello dell’offline - con l’apertura di shop in punti focali delle città -  il lavoro di divulgazione dell’oste o dell’enotecario diventerebbe ancora più esclusivo e per veri selezionatori, veri divulgatori di conoscenze enoiche, in una parola: esperienza.